Ictus, fondamentale intervenire per tempo

Intervista al Dr. Michelangelo Bartolo, responsabile dell'U.O. di Neuroriabilitazione di Habilita Zingonia.

25/08/2021

Prosegue il viaggio tra le diverse patologie che vengono trattate dagli specialisti della Neurologia in Habilita. In questo articolo parliamo di ictus con il Dr. Michelangelo Bartolo, medico responsabile dell’U.O. di Neuroriabilitazione di Habilita Zingonia. «L’ictus cerebrale – spiega il Dr. Bartolo – è una delle principali patologie presenti nei paesi occidentali: rappresenta la terza causa di mortalità dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie e rappresenta la prima causa di disabilità».

Esistono diverse tipologie di ictus?

«Esistono due tipi di ictus cerebrale. Nell’ 80% dei casi si parla di ictus ischemico, nel restante 20% di ictus emorragico. La distinzione è relativa all’aspetto patogenetico, ovvero da che cosa si determina. Nell’ictus ischemico assistiamo all’ostruzione di un vaso cerebrale e quindi all’assenza di flusso ematico a valle dell’ostruzione. Questo comporta una difficoltà di nutrimento della cellula nervosa che va incontro ad una serie di processi che portano all’ischemia e alla sua morte. Nel caso, invece, dell’ictus emorragico si ha la rottura di un vaso cerebrale e quindi lo stravaso di sangue a contatto del tessuto nervoso».

Qual è il principale rischio legato all’ischemia?

«Per quanto riguarda l’ischemia l’elemento da ricordare è che vi è necessità di flusso ematico costante e continuativo in quanto il tessuto cerebrale non ha delle riserve energetiche. È quindi necessario che la cellula nervosa riceva incessantemente l’ossigeno e il glucosio attraverso la circolazione del sangue».

Quali sono i fattori di rischio legati all’ictus?

«In termini epidemiologici in Italia le statistiche di qualche anno fa parlavano di circa 200mila casi all’anno, anche se negli ultimi anni questo numero è andato riducendosi soprattutto grazie ad una serie di controlli di fattori predisponenti, detti anche fattori di rischio. Alcuni di questi non sono modificabili (età, sesso), altri invece si possono modificare (ipertensione arteriosa, diabete mellito, fumo di sigaretta, sedentarietà, dieta). In questi ultimi casi, agendo con consapevolezza attraverso le strategie di educazione e di prevenzione che si possono svolgere sulla popolazione, è possibile modulare e controllare i fattori di rischio».

Che approccio terapeutico è necessario in caso di ictus?

«Per quanto riguarda l’approccio terapeutico, due elementi sono risultati fondamentali negli ultimi anni: il primo è la creazione delle stroke unit e l’allestimento dei una rete territoriale di emergenza-urgenza a stretto contatto con le stroke unit. Ciò ha permesso di intervenire in tempi rapidi in tutte quelle condizioni in cui si poteva riconoscere l’esordio di un ictus cerebrale. È stato quindi possibile fornire assistenza in tempi rapidi. Il secondo elemento è la serie di innovazioni terapeutiche come la trombolisi farmacologica o la trombectomia. Parliamo di interventi che permettono di disgregare quel trombo che va ad occludere il vaso cerebrale e di ripristinare un flusso adeguato. Se vengono effettuate precocemente, queste azioni permettono di prevenire l’ischemizzazione del tessuto, ovvero la morte neuronale».

Quali sono i sintomi che possono sopraggiungere in caso di ictus imminente?

«I sintomi d’esordio dell’ictus neuronale variano a seconda dell’area del cervello che viene coinvolta. Possono essere prevalentemente motori come la difficoltà di movimento di un arto superiore o inferiore, di una parte del viso, la percezione di una rigidità nel muovere l’arto. Possiamo anche avere l’esordio con disturbi di tipo vertiginoso o visivo: una parte del campo visivo può essere completamente occlusa e quindi non si è più in grado di percepire gli oggetti in una determinata zona. In altri casi la sintomatologia è vertiginosa con sensazione di instabilità. L’elemento importante è quindi cercare di capire che è presente un’anomalia che altera lo stato di benessere usuale e quindi rivolgersi al sistema di emergenza urgenza che conduce il paziente alla valutazione neurologica precoce e quindi, eventualmente, al percorso interno alle stroke unit. Vale sempre la massima che utilizzano gli inglesi: time is brain (il tempo è cervello) in quanto il tempo di resistenza della cellula nervosa alla mancanza di nutrimento è di pochi minuti».

Come funziona il lavoro di riabilitazione per i pazienti colpiti da ictus?

«Nei casi in cui si realizza, purtroppo, un danno, il cervello mette in atto una serie di processi riparativi che servono a compensare le funzioni che sono state lese. In questo caso l’intervento riabilitativo a proseguire la fase terapeutica diventa determinante per indirizzare e guidare il recupero. Parliamo di un recupero che, in parte, possiamo definire “utile” nel caso in cui il sistema va a sostituire le funzioni lesionate dal danno, e, in altri casi possiamo definire “maladattativo” che si verifica quando il tentativo di compenso messo in atto dal sistema nervoso non si rivela efficace dal punto di vista funzionale. In questi ultimi casi l’intervento riabilitativo ha il compito di limitare l’esordio e lo sviluppo di queste condizioni maladattive per cercare di indirizzare il recupero neuromotorio, sensoriale e cognitivo verso una condizione di riadattamento funzionale. Questo consente alla persona di riadattarsi alla condizione di disabilità e di potersi reintegrare nelle attività sociali della vita quotidiana: in altri termini si può definire la partecipazione attiva dell’individuo alla propria vita».

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