Fibromialgia, il nuovo ambulatorio a Zingonia

14/04/2023

La sindrome fibromialgica è una malattia dolorosa cronica che si manifesta principalmente con dolore intenso a muscoli, legamenti e tendini e che colpisce circa 1,5-2 milioni di italiani (secondo le stime dell’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica). Si tratta di un disturbo invalidante spesso difficile da diagnosticare, e per cui non esistono, al momento, strategie terapeutiche univoche. Habilita, presso la sede di Zingonia, ha attivato un protocollo di trattamento multidisciplinare incentrato sull’associazione tra ossigenoterapia iperbarica e riabilitazione.
La bibliografia scientifica evidenzia come l’ossigenoterapia iperbarica possa correggere le disfunzioni del metabolismo cerebrale che causano il dolore. Il progetto proposto al paziente è rappresentato da un percorso multidisciplinare che si svolge nel corso di 5 sedute settimanali per 4 settimane consecutive e che comprende:
– ossigenoterapia iperbarica, 20 sedute (compresi ECG, RX torace e visita di idoneità);
– riabilitazione, 20 sedute comprensive di fisioterapia e massoterapia alternata a terapia strumentale;
– counseling psicologico di gruppo, 1 seduta a settimana;
– consulenza nutrizionale in telemedicina.

Per accedere al nuovo ambulatorio di fibromialgia di Habilita Zingonia è prevista una visita iniziale con la Dr.ssa Eleonora Bonacci. La Dr.ssa Bonacci da anni segue diversi pazienti fibromialgici e conosce bene le modalità con cui è necessario approcciarsi ai pazienti che presentano questo disturbo.

Per quale motivo per la fibromialgia si parla di sindrome e non di patologia?

«È definita sindrome perché è una costellazione di sintomi e disturbi di cui il dolore rappresenta la parte preponderante: parliamo quindi di una sindrome dolorosa cronica. Ci sono però anche tante altre manifestazioni, che possono andare dai disturbi gastrointestinali ai disturbi cognitivi (difficoltà di concentrazione o deficit di apprendimento o di memoria), oppure disturbi ginecologici, urinari o vestibolari d’equilibrio. Insomma, ci possono essere diverse problematiche che devono poi essere prese tutte in considerazione. Si tratta di una situazione complessa da gestire e non sempre di immediata identificazione».

Quali sono i rischi nel ritardare una diagnosi di fibromialgia?

«Ultimamente della fibromialgia si parla più frequentemente e, di conseguenza, è più facile che il paziente venga inviato dal reumatologo più velocemente rispetto al passato. Fino a qualche anno fa, invece, poteva capitare spesso di incontrare pazienti che arrivavano dallo specialista dopo oltre un anno dalla comparsa dei sintomi. Purtroppo, dopo un percorso così lungo alla ricerca di risposte che non arrivano, il rischio è quello di rivolgersi anche a professionisti non sanitari che attraggono con proposte risolutive che nulla hanno a che vedere con la medicina, con il rischio di perdere tempo prezioso e di spese inutili. È importante ricordare che parliamo di persone che, proprio a causa della persistenza prolungata del dolore e di altri disturbi, diventano fragili».

Come si interviene quando si prende in carico un paziente affetto da fibromialgia?

«Secondo le più recenti linee guida internazionali il trattamento della fibromialgia deve essere multidisciplinare e graduale. Il primo passo è quello di educare il paziente. Trattandosi di un disturbo cronico, il paziente deve capire di che cosa si tratta, cosa comporta essere affetti da fibromialgia, avere quindi una prognosi certa che sgombri il campo dalla paura di altre possibili patologie più gravi: è fondamentale rassicurare il paziente. La fibromialgia risente molto dello stato emotivo della persona e ogni volta che si vivono momenti stressanti si manifesta in modo più evidente; al contrario, quando si vivono periodi più sereni e tranquilli i sintomi saranno molto meno evidenti. Il secondo step prevede di instaurare un percorso terapeutico non farmacologico. In letteratura scientifica le strategie che sono risultate efficaci sono l’attività fisica di tipo aerobico, trattamenti di rinforzo muscolare graduale eseguiti in un setting adeguato, stretching, e tutte quelle attività che associano movimento a meditazione (yoga, tai-chi, pilates…). Il paziente non deve essere in balia della malattia, ma deve essere incoraggiato a modificare il proprio stile di vita per gestire al meglio questo disturbo. Non si tratta di un percorso facile in quanto parliamo di persone che hanno mediamente un’età compresa tra i 35 e i 55 anni con uno stile di vita consolidato, ma nel momento in cui si riescono ad apportare delle modifiche sostanziali al proprio comportamento, i benefici sono evidenti».

L’uso dei medicinali passa in secondo piano?

«Nel momento in cui non si ha alcun beneficio dal cambiamento dello stile di vita, si può ricorrere all’utilizzo di farmaci per contenere i disturbi provocati dalla fibromialgia, eventualmente ricorrendo al consulto con altri specialisti. Al momento non esistono terapie farmacologiche risolutive per la sindrome fibromialgica. In questo caso è necessario controllare i singoli sintomi per aiutare il paziente a recuperare un equilibrio globale. I medicinali che al momento hanno dimostrato una buona efficacia sono alcuni farmaci antidepressivi (duloxetina e amitriptilina), antiepilettici (pregabalin) e miorilassanti. Al contrario, le linee guida internazionali controindicano il ricorso a oppioidi e corticosteroidi i cui effetti collaterali sul lungo periodo sono maggiori dei vantaggi prodotti. In ogni caso, come detto, il medicinale in sé non risolve il problema della fibromialgia».

Oltre alle sedute di medicina iperbarica e fisioterapia, nel pacchetto è previsto anche il consulto di gruppo con uno psicologo e un nutrizionista. Quali vantaggi possono portare al paziente fibromialgico?

«Una delle poche terapie che si sono rivelate efficaci su pazienti fibromialgici è l’approccio cognitivo comportamentale. Spesso, però, quando viene proposto al paziente fibromialgico questo percorso, è difficile che lo accetti a causa di pregiudizi o suggestioni legate a modelli culturali non attuali. Un incontro di gruppo, invece, può rappresentare un sostegno particolarmente utile. La condivisione della propria esperienza e il confronto con altri malati aiutano a sentirsi meno soli e a imparare tecniche di gestione dello stress. Discorso simile vale per il nutrizionista, in quanto la dieta calibrata sulle esigenze specifiche per ciascun paziente è fondamentale. Non possono esserci diete universali: ogni singola persona ha esigenze differenti e l’incontro con lo specialista ha l’obiettivo di rispondere a eventuali dubbi o domande ed è necessario per impostare un programma alimentare che possa proseguire anche in seguito».

Per informazioni e prenotazioni:
T 035.4815531
Email segreteriaiperbarica@habilita.it

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