Mostra

STATEMENTS

Dal cuore di Bergamo, le cui ferite hanno generato la reazione creativa di artisti di tutto il mondo, al cuore della nostra struttura sanitaria, dove ogni giorno la cultura della vita si traduce in cura. Ospitare la permanente di Statements significa per noi amplificare il dialogo tra mente e corpo, stimolando nell’uomo visione e benessere, in un percorso virtuoso di vitale energia.

Andrea Rusconi
Direttore Generale Habilita Spa

 

Quando Bergamo e Brescia hanno iniziato a ragionare insieme su come dare corpo e senso al titolo di Capitale Italiana della Cultura 2023, accordato loro dal Parlamento italiano nell’estate del 2020, il tema della cura si è imposto come un passaggio obbligato, per quanto non esclusivo. La designazione nasce infatti dalla drammatica esperienza della pandemia e dalla capacità di resistenza e reazione dimostrata dai due territori. Con forza abbiamo voluto che il progetto della “Capitale” guardasse principalmente al futuro – con l’innovazione come filo rosso di tutta la ricchissima gamma di iniziative che sono state sviluppate – ma non potevamo non fare i conti con quel punto di partenza: l’esperienza dell’estrema fragilità e dell’importanza, appunto, della cura, che nella cultura ha trovato uno strumento di straordinaria efficacia. “La cultura come cura”, quindi – diventato il titolo di una delle quattro aree tematiche in cui il progetto complessivo si è articolato – ma a ben vedere la cultura e la cura come espressioni diverse di una medesima generosità verso gli altri e verso il mondo. Per questo l’incontro tra Habilita, protagonista del mondo della cura, e The Blank, lo strepitoso network di arte contemporanea che ha sede a Bergamo, è quanto mai naturale e fecondo. Ad esso dobbiamo la possibilità di vedere riunite le opere con cui alcuni grandi artisti internazionali, rispondendo alla chiamata di The Blank, hanno “dichiarato” il loro punto di vista sulla condizione dell’arte al tempo della pandemia. La nuova dimensione in cui le opere si ritrovano ne moltiplica la forza espressiva e la proietta sin d’ora nello spazio della memoria.

Giorgio Gori
Sindaco di Bergamo

 

Il progetto Statements nasce nel pieno della pandemia che ha colpito la città di Bergamo, l’Italia e il mondo intero. In quel momento The Blank, il principale network d’arte contemporanea in Italia con sede a Bergamo, grazie all’intesa culturale triennale voluta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo e finalizzata a valorizzare la città e la sua storia attraverso l’arte contemporanea, ha voluto coinvolgere alcuni dei più importanti artisti internazionali chiedendo loro di realizzare un’opera sotto forma di Statement, ossia una dichiarazione di come la comunità artistica stesse vivendo quel periodo così complesso. La risposta degli artisti è stata straordinaria e le loro dichiarazioni sono state diffuse al mondo sia a livello fisico che digitale. Il Balcone e la sala delle Capriate di Palazzo della Ragione di Bergamo, luogo iconico posizionato nel cuore di Piazza Vecchia, sono diventati il centro di queste dichiarazioni. Sin dall’inizio, grazie alla disponibilità e generosità degli artisti, si è pensato di dare continuità e memoria del tempo e delle opere, facendo in modo che i lavori potessero continuare a vivere nello spazio pubblico e più miratamente in un luogo che mettesse la cura dell’uomo al centro delle sue attività. Come se questi Statements, riuniti, formassero un monumento visivo unico che potesse continuare a essere fruito dalla comunità. Con queste premesse e intenzioni è nata l’importante collaborazione con Habilita, che si concretizza proprio nel 2023, anno in cui Bergamo è, insieme a Brescia, Capitale Italiana della Cultura. Un’investitura importante, assegnata in via eccezionale proprio per la resilienza che queste due città hanno dimostrato e per le bellezze artistiche che le caratterizzano. Perché arte e cura sono due strade con numerosi punti di contatto e, nella loro unione, sono capaci di lanciare dei messaggi, anzi, degli Statements, che non potranno mai essere dimenticati.

Stefano Raimondi
Presidente The Blank Arte Contemporanea

Tanto da fare oggi (2021)

Courtesy of the artist and Galleria Lia Rumma Milano/Napoli

Riprendendo una poesia della poetessa russa Anna Andreevna Achmatova, l’artista espone un’introspettiva lista di azioni da compiere che ogni giorno hanno attraversato la mente di tutti noi nel recente periodo passato: uccidere la memoria, il dolore, trasformare il cuore in pietra, ma soprattutto prepararsi a vivere di nuovo.

Based on a poem by the Russian poet Anna Andreevna Achmatova, the artist presents an introspective list of everyday actions that have crossed the mind of all of us in recent past: killing memory, pain, turning the heart into stone, but above all preparing to live again.

 

Alfredo Jaar

1956, Cile

Artista, architetto e regista, vive e lavora a New York. Interessato al divario tra la realtà e le sue possibili interpretazioni, la sua arte è politicamente impegnata e coinvolge lo spettatore in modo diretto. Ha realizzato nel mondo più di 70 interventi pubblici, diventando Guggenheim Fellow nel 1985 e MacArthur Fellow nel 2000, ricevendo poi l’Hiroshima Art Prize nel 2018 e l’Hasselblad Award nel 2020. Ha partecipato alle Biennali di Venezia (1986, 2007, 2009, 2013), San Paolo (1987, 1989, 2010, 2020) e Documenta a Kassel (1987, 2002). Tra le ricognizioni recenti del suo lavoro: Yorkshire Sculpture Park, Regno Unito (2017); KIASMA, Helsinki (2014); Hangar Bicocca, Milano (2008). Le sue opere si trovano nelle collezioni del Museum of Modern Art e Guggenheim Museum, New York; TATE, Londra; Centro Georges Pompidou, Parigi; Nationalgalerie, Berlino; Museo Stedelijk, Amsterdam; Centro Reina Sofia, Madrid; Moderna Museet, Stoccolma; MAXXI e MACRO, Roma; decine d’istituzioni e collezioni private in tutto il mondo.

Artist, architect and filmmaker, he lives and works in New York. Interested in the gap between reality and its possible interpretations, his art is politically fueled and directly engages the viewer. He has made more than 70 public interventions around the world, becoming a Guggenheim Fellow in 1985 and a MacArthur Fellow in 2000, then receiving the Hiroshima Art Prize in 2018 and the Hasselblad Award in 2020. He has participated in the Venice (1986, 2007, 2009, 2013), São Paulo (1987, 1989, 2010, 2020) and Documenta Biennales in Kassel (1987, 2002). Recent surveys of his work include Yorkshire Sculpture Park, UK (2017); KIASMA, Helsinki (2014); Hangar Bicocca, Milan (2008). His works are in the collections of the Museum of Modern Art, Guggenheim Museum, New York; TATE, London; Centre Georges Pompidou, Paris; Nationalgalerie, Berlin; Stedelijk Museum, Amsterdam; Centro Reina Sofia, Madrid; Moderna Museet, Stockholm; MAXXI and MACRO, Rome, and dozens of institutions and private collections worldwide.

Nova 01, 2019

Courtesy Sprüth Magers and Vitamin Creative Space | © Cao Fei

Con un linguaggio sci-fiction e un approccio distopico alla realtà, l’artista, conosciuta per le sue opere virtuali, propone come grido al mondo post pandemico un’immagine intima e solitaria. Una figura umana, su una spiaggia deserta, osserva la sua ombra formarsi sulla spiaggia. Isolamento, distanza ma anche una rinnovata meraviglia per le cose più semplici e un nuovo mondo da scoprire, in maniera diversa.

With a sci-fiction language and a dystopian approach to reality, the artist, known for her virtual works, offers an intimate and solitary image as a shoutout to the post-pandemic world. A human figure on a deserted beach observes his shadow. Isolation, distance, but also a renewed wonder for the simplest things and a new world to discover, in a different way.

 

Cao Fei

1978, Cina

Vive e lavora a Pechino. Si esprime principalmente attraverso l’arte digitale, utilizzando un linguaggio artistico in cui commenti sociali, estetica popolare e riferimenti al surrealismo si uniscono creando raltà distopiche e parallele. Le sue opere riflettono i cambiamenti rapidi ed evolutivi che avvengono oggi nella società cinese. Tra le mostre più recenti: UCCA Center for Contemporary Art, Pechino (2021); Centre Pompidou, Parigi (2019); K21 Düsseldorf (2018); Guggenheim Museum di New York (2018); MoMA PS1, New York (2016); Biennale di Venezia (2014).

She lives and works in Beijing. She expresses herself mainly through digital art, using an artistic language in which social commentary, popular aesthetics and references to surrealism come together to create dystopian and parallel realities. Her works reflect the rapid and evolutionary changes happening in Chinese society today.Recent exhibitions include: UCCA Center for Contemporary Art, Beijing (2021); Centre Pompidou, Paris (2019); K21 Düsseldorf (2018); Guggenheim Museum, New York (2018); MoMA PS1, New York (2016); Venice Biennale (2014).

3-, 2021

Courtesy the artist, Greene Naftali, Lisson Gallery and Thaddeus Ropac | © Cory Arcangel

Riprendendo l’opera Three Stripes e utilizzando le conosciute tre righe del marchio Adidas, l’artista si focalizza sul momento presente, sulla moda, lo stile e le dinamiche sociali che rappresentano nella società contemporanea l’essere vivi. Da marchio blasonato, le tre righe diventano così un simbolo del vivere, o meglio, del consumare.

Based on the work Three Stripes and using the well-known three stripes of the Adidas brand, the artist focuses on the present moment, fashion, style and social dynamics that represent what it means to be alive in contemporary society. From the famous brand, the three stripes become a symbol of living, or rather, of consuming.

 

Cory Arcangel

1978, New York

Esponente di spicco dell’arte basata sulla tecnologia, l’artista riflette sul mondo odierno dei software e dei videogiochi. È l’artista più giovane, dopo Bruce Nauman, ad aver ricevuto una personale al Whitney Museum of American Art, New York (2011). Nel 2014 è stato selezionato per il Nam June Paik Award. Tra le altre partecipazioni: Theater of Operations: The Gulf Wars 1991– 2011, MoMA PS1 (2020); Espace Louis Vuitton München, Monaco di Baviera, Germania (2015); Fondation DHC/Art, Montreal, Canada (2013); Museo di Arte Contemporanea di Miami, Florida, USA (2010).

A leading exponent of technology-based art, the artist reflects on today’s world of software and video games. He is the youngest artist since Bruce Nauman to receive a solo exhibition at the Whitney Museum of American Art, New York (2011). In 2014, he was selected for the Nam June Paik Award. Other participations include: Theater of Operations: The Gulf Wars 1991-2011, MoMA PS1 (2020); Espace Louis Vuitton München, Munich, Germany (2015); Fondation DHC/ Art, Montreal, Canada (2013); Museum of Contemporary Art, Miami, FL, USA (2010).

Saut dans le vide, 2021

Courtesy of the artist and MASSIMODECARLO

Citando il lavoro fotografico di Yves Klein del 1960 in cui l’artista, in modo ironico, cerca di dominare lo spazio attraverso un salto, Diego Perrone rilegge così in chiave contemporanea uno degli artisti più discussi dell’arte concettuale. Saut dans le vide diviene così un riferimento al futuro, momento che sembra aver perso coordinate specifiche, e che merita ora più che mai una cieca fiducia.

Quoting Yves Klein’s photographic work of 1960, in which the artist ironically tries to dominate the space through a jump, Diego Perrone revisits one of the most discussed artists of conceptual art in a contemporary way. Saut dans le vide thus becomes a reference to the future, a moment that seems to have lost specific coordinates, and that now more than ever deserves blind faith.

 

Diego Perrone

1970, Italia

Utilizzando diversi media, dalla fotografia alla scultura, i lavori di Diego Perrone risentono dell’influenza dei movimenti artistici italiani del XX secolo, dall’Arte Povera alla Transavanguardia, fino al Futurismo, e si caratterizzano per una rilettura contemporanea di temi e icone della tradizione e cultura popolare. Tra le recenti partecipazioni: Arte Italiana tra Tradizione e Rivoluzione 1968-2008, Palazzo Grassi, Venezia (2008); Shapes of Space al Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2007); Biennale di Berlino per l’Arte Contemporanea (2006); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino (2005); Biennale di Venezia (2003).

Using different media, from photography to sculpture, Diego Perrone’s works are influenced by 20th-century Italian art movements, from Arte Povera to Transavanguardia and Futurism, and are characterized by a contemporary reinterpretation of themes and icons of tradition and popular culture. Recent participations include: Italian Art Between Tradition and Revolution 1968-2008, Palazzo Grassi, Venice (2008); Shapes of Space at the Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2007); Berlin Biennale for Contemporary Art (2006); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Turin (2005); Venice Biennale (2003).

Keys Under the Doormat, 2021

Courtesy of the artists and MASSIMODECARLO

In un periodo così complesso come quello appena passato, Keys under the doormat evoca con delicata nostalgia la sensazione del ritornare a casa e aprire la porta, la stessa porta che per un anno intero è diventata un muro invalicabile, lasciando senza possibilità di contatto. Una frase diventata un luogo comune da cui ripartire per riappropriarsi della normalità perduta.

In such a complex period as the one just fived, Keys under the doormat reminds with sweet nostalgia the feeling of coming back home and opening the door, the same door that for a whole year has become an impassable wall, leaving no possibility of contact. A phrase that has become commonplace from which to start again to regain possession of lost normality.

 

Elmgreen & Dragst

1961, Danimarca – 1969, Norvegia

Unitisi nel 1995, Michael Elmgreen e Ingar Dragset collaborano come duo tra Londra e Berlino. Utilizzando umorismo, contro-sensi, familiarità aliena, il duo artistico crea installazioni, sculture e performance capaci di avviare un cortocircuito nello spettatore e riflessioni critiche sul sistema dell’arte e degli oggetti. Hanno esposto in istituzioni internazionali come: Ullens Center for Contemporary Art in Beijing (2016); PLATEAU, Samsung Museum of Art in Seul (2015); Statens Museum for Kunst a Copenhagen (2014); Astrup Fearnley Museum a Oslo (2014); Victoria and Albert Museum a Londra (2013); Museum Boijmans Van Beuningen a Rotterdam (2011); 53^ Biennale di Venezia (2009).

Formed in 1995, Michael Elmgreen and Ingar Dragset collaborate as a duo between London and Berlin. Using humor, counter-senses, and a sense of familial alienity, the artistic duo creates installations, sculptures, and performances able to trigger a short circuit in the viewer and critical reflections on the system of art and objects. They have exhibited in international institutions such as: Ullens Center for Contemporary Art in Beijing (2016); PLATEAU, Samsung Museum of Art in Seoul (2015); Statens Museum for Kunst in Copenhagen (2014); Astrup Fearnley Museum in Oslo (2014); Victoria and Albert Museum (2013); Museum Boijmans Van Beuningen in Rotterdam (2011); 53rd Venice Biennale (2009).

Mezzo Sospiro, 2021

Courtesy of the artist and MASSIMODECARLO

Facendo meno della parola scritta e optando per il linguaggio musicale, Mezzo Sospiro diviene ironicamente portavoce del momento di silenzio e di pausa obbligata che l’emergenza sanitaria ha imposto, lasciando tutti in sospeso, senza spartitura e direzione, per poi catapultarci in una nuova frenesia senza esserci mai veramente fermati a respirare.

Overlooking less than the written word and choosing the musical language, Mezzo Sospiro ironically becomes the speaker of the moment of silence and forced pause that the health emergency has imposed, leaving everyone in suspense, without score and direction, and then catapulting us into a new rush without ever really stopping to breathe.

 

John Armleder

1948, Svizzera

Artista performativo, pittore, scultore, critico e curatore svizzero. Il suo lavoro risente del movimento Fluxus, aprendo un discorso critico tra arte e design e cercando di forzare i limiti della percezione dei confini dell’opera. Tra le sue mostre più discusse: Sh/Ash/Lash/Splash, David Kordansky Gallery, Los Angeles, USA (2019); Quicksand II, MAMCO, Ginevra (2019); 360°, Museo Madre, Napoli (2018); The Gold Standard, MoMA PS1, New York, USA (2006); Swiss Video, Tate Modern, Londra (2006).

Swiss performance artist, painter, sculptor, critic and curator. His work is influenced by the Fluxus movement, opening up a critical discourse between art and design and trying to push the limits of perception of the work’s boundaries. Among his most discussed exhibitions: Sh/Ash/ Lash/Splash, David Kordansky Gallery, Los Angeles, USA (2019); Quicksand II, MAMCO, Geneva (2019); 360°, Museo Madre, Naples (2018); The Gold Standard, MoMA PS1, New York, USA (2006); Swiss Video, Tate Modern, London (2006).

Here lies truth, 2021

Courtesy of the artist and M77 Gallery

In Here lies truth dei fori bucano graficamente la superficie, generando dei punti di rottura in richiamo ai buchi di proiettile che interferiscono con la lettura della verità. Con un gioco di parole e un espediente visivo, l’artista pone l’accento sulla ricerca della verità, sulla possibilità effettiva di essere svelata, la sua ambiguità e il suo valore, duramente messo alla prova dalle insicurezze e tensioni del periodo pandemico.

In Here lies truth holes graphically puncture the surface, generating breaking points in reference to bullet holes that interfere with the reading of truth. With a play on words and visuals, the artist emphasizes the search for truth, the actual possibility of it being revealed, its ambiguity and value, severely tested by the insecurities and tensions of the pandemic period.

 

Kendell Geers

1968, Sudafrica

Vive e lavora in Belgio. Le sue opere, intrise della sua condizione di afrikaner, mirano, attraverso ready-made e l’utilizzo di materiali industriali, a sconvolgere i codici morali socialmente accettati, facendosi vive d’implicazioni politiche e conflittuali, e giocando con l’iconografia, la storia dell’arte, il kitsch. Tra le recenti mostre: The Street. Where the world is made e Road to Justice, MAXXI, Roma (2018 e 2017); Documenta Kassee (2017 e 2002); La Biennale di Venezia (2017 e 2007); Shanghai Biennale (2016); The Luminous Interval, Guggenheim Museum (Bilbao, 2011).

He lives and works in Belgium. His works, influenced by his condition of Afrikaner, are focused, through ready-made and industrial materials, to disrupt the socially accepted moral codes, becoming alive with political and conflictual implications, and playing with iconography, art history and kitsch. Recent exhibitions include: The Street. Where the world is made and Road to Justice, MAXXI, Rome (2018 and 2017); Documenta Kassee (2017 and 2002); La Biennale di Venezia (2017 and 2007); Shanghai Biennale (2016); The Luminous Interval, Guggenheim Museum (Bilbao, 2011).

Symphony, 2021

Courtesy of the artist and Mazzoleni, London/Turin

L’opera ripropone, ripresentando in forma grafica l’installazione realizzata dall’artista a Volterra, una citazione dalla filosofa Judith Butler, che racchiude il concetto di comunità e di alleanza sociale e sentimentale. La frase assume in questo momento storico una grande rilevanza ponendo l’accento sulla necessità di ricreare contatti fisici, allontanando l’apatia conseguente all’emergenza sanitaria. L’opera esterna il bisogno di ricreare una rete di corpi uniti, appartenenti a qualsiasi genere, stato sociale, culturale ed economico, rompendo così ogni tipo di barriera culturale.

The artwork reproduces, in graphic form, the installation created realized by the artist in Volterra: a quotation from the philosopher Judith Butler, which captures the concept of community and of social and sentimental alliance. The phrase takes on great relevance in this historical moment, emphasizing the need to recreate physical contacts, removing the apathy resulting from the health emergency. The work externalizes the need to recreate a network of united bodies, belonging to any gender, social, cultural and economic status, thus breaking any kind of cultural barrier.

 

Marinella Senatore

1977, Italia

Artista multidisciplinare, è riuscita a coinvolgere intere comunità intorno a tematiche sociali e urbane, quali l’emancipazione e l’uguaglianza, i sistemi di aggregazione e le condizioni dei lavoratori. Tra le sue partecipazioni: Biennale di Sonsbeck (in corso); 34^ Biennale di San Paolo; Building Communities, Castello di Rivoli, Torino (2013); Marinella Senatore. Roommates, Museo Macro, Roma (2011); The School of Narrative Dance, Centre Pompidou, Parigi (2007); Manuale per i viaggiatori, Museo Madre, Napoli (2007).

Marinella Senatore, multidisciplinary artist, has successfully engaged entire communities around social and urban issues, such as emancipation and equality, aggregation systems and workers’ conditions. Among her participations: Sonsbeck Biennial (in progress); 34th São Paulo Biennial; Building Communities, Castello di Rivoli, Turin (2013); Marinella Senatore. Roommates, Museo Macro, Rome (2011); The School of Narrative Dance, Centre Pompidou, Paris (2007); Manuale per i viaggiatori, Museo Madre, Naples (2007).

I’m so sorry, I wish you didn’t have to see me like this, 2021

Courtesy of the artists and Gió Marconi, Milan; Lisson Gallery, London; Tanya Bonakdar Gallery, New York

Il linguaggio della favola e lo stop motion da sempre accompagnano l’estetica del duo di artisti. Scusa non volevo
che mi vedessi così
è un pensiero di molti, che rende esplicita la paura di mostrarsi fragili di fronte agli altri. Gli artisti aiutano nel processo di elaborazione attraverso un linguaggio ironico, capace di creare una realtà immaginaria in cui potersi rifugiare anche nei momenti più bui.

The language of fairy tale and stop motion have always accompanied the aesthetic of the artist duo. Sorry I didn’t want you to see me like this bring to life a thought of many, making explicit the fears of showing oneself  and vulnerable in front of someone else. The artists help in the process of elaboration through an ironic language, able to create an imaginary reality in which you can take refuge even in the darkest moments.

 

Nathalie Djurberg & Hans Berg

1978, Svezia

Nathalie Djurberg e Hans Berg sono un duo di video artisti svedesi che vivono e lavorano a Berlino. La coppia, nel corso degli anni, ha sviluppato uno stile cinematografico distintivo grazie ad animazioni in argilla. L’obiettivo è quello di drammatizzare i più bassi istinti naturali: dalla gelosia alla vendetta e all’avidità, dalla sottomissione, alla lussuria. Tra le mostre più recenti: Baltimore Museum of Art, Baltimora, USA (2019); Modern Museet, Stoccolma, Svezia (2018); Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Italia (2018); Museum Frieder Burda | Salon Berlin, Germania (2017); Stavanger Art Museum (MUST), Norvegia (2017); Perth Institute of Contemporary Arts (PICA), Australia (2016); Minsheng Art Museum, Shanghai, Cina (2016); Australian Centre for Contemporary Art (ACCA), Melbourne, Australia (2015); ARoS Aarhus Kunstmuseum, Aarhus, Danimarca (2015); Institute of Contemporary Art, Boston, MA, USA (2014); Garage Center for Contemporary Culture, Mosca, Russia (2013); Camden Arts Centre, Londra, Regno Unito (2011).

Nathalie Djurberg and Hans Berg are a Swedish video artist duo living and working in Berlin. The duo, over the years, has developed a distinctive cinematic style through clay animations. The focus is on dramatizing the most basic natural instincts: from jealousy, revenge and greed, to submission and lust. Recent exhibitions include: Baltimore Museum of Art, Baltimore, USA (2019); Modern Museet, Stockholm, Sweden (2018); Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Italy (2018); Museum Frieder Burda | Salon Berlin, Germany (2017); Stavanger Art Museum (MUST), Norway (2017); Perth Institute of Contemporary Arts (PICA), Australia (2016); Minsheng Art Museum, Shanghai, China (2016); Australian Centre for Contemporary Art (ACCA), Melbourne, Australia (2015); ARoS Aarhus Kunstmuseum, Aarhus, Denmark (2015); Institute of Contemporary Art, Boston, MA, USA (2014); Garage Center for Contemporary Culture, Moscow, Russia (2013); Camden Arts Centre, London, UK (2011).

Firm Being (Stay Neutral), 2009

Courtesy the artist, Karma International, Zurich, Miguel Abreu, New York, Sprüth Magers

A metà tra arte e statement la dichiarazione di Pamela Rosenkranz impone una pausa di riflessione sul sistema che ci circonda e che fonda la nostra contemporaneità. La bottiglia di acqua Evian (parte della serie Firm
Being) apprezzata e raccomandata dai migliori Chef e Sommelier e disponibile nei migliori ristoranti, hotels e night clubs del mondo, sostituisce il suo naturale riempimento con silicone pigmentato in tonalità simile alla pelle. Tra sguardo sconcertato e curioso per questo nuovo prodotto, emerge una satira profonda che riflette gli annunci paradossali delle società idriche e l’elitarsimo di un bene primario.

Halfway between art and statement, Pamela Rosenkranz’s work demands a pause for reflection on the system that surrounds us and grounds our contemporaneity. The bottle of Evian water (part of the Firm Being series) appreciated and recommended by the best Chefs and Sommeliers and available in the best restaurants, hotels and night clubs in the world, replaces its natural filling with pigmented silicon in a shade similar to skin. Between disconcerted and curious looks at this new product, a profound satire emerges that reflects the paradoxical advertisements of water companies and the elitism of a primary resource.

 

Pamela Rosenkranz

1979, Svizzera

Vive e lavora a Zurigo. Il suo lavoro trascende la materialità attraverso l’esplorazione delle particolarità che compongono il nostro mondo, con l’intento di sottolineare l’apporto determinante degli elementi biochimici e neurologici sull’esperienza umana. Tra le sue mostre più recenti: Amazon Spirits (Green Blood), Karma International, Zurigo (2018); Slight Agitation 2/4, Fondazione Prada, Milano (2017); Amazon (Green, Blue, Green), Künstlerräume Artist’s Space, K21, Düsseldorf (2017); Blue Runs, Art Basel Unlimited (2016); Our Product, Swiss Pavilion, 56^ Biennale di Venezia (2015); Feeding, Fleeing, Fighting, Reproduction, Kunsthalle Basel (2012).

She lives and works in Zurich. Her work transcends materiality through the exploration of the particularities that make up our world, with the intent of emphasizing the crucial contribution of biochemical and neurological elements on the human experience. Among her most recent exhibitions: Amazon Spirits (Green Blood), Karma International, Zurich (2018); Slight Agitation 2/4, Fondazione Prada, Milan (2017); Amazon (Green, Blue, Green), Künstlerräume Artist’s Space, K21, Düsseldorf (2017); Blue Runs, Art Basel Unlimited (2016); Our Product, Swiss Pavilion, 56th Venice Biennale (2015); Feeding, Fleeing, Fighting, Reproduction, Kunsthalle Basel (2012).

Kisses from Bergamo, 2021

Courtesy of the artist and GALLERIA CONTINUA

Pascale Marthine Tayou vive e lavora a Gent e Yaoundé. Le sue opere sono caratterizzate da un melting pot culturale che consente di espandere la visione dell’arte contemporanea attraverso il villaggio globale, la mobilità e un distanziamento ironico da qualsiasi tipo di ascrizione sessuale e geografica. Ha partecipato a numerose mostre tra cui: NYLONGKONG Dreams, Pearl Lam Gallery, Hong Kong (2018); Linea colorata, Richard Taittinger Gallery, New York (2018); Tayouwood, Unlimited, Art Basel, Basilea (2014); Giardino Segreto, MACRO, Roma (2012); Shilpa Gupta, Bombay (1976).

Pascale Marthine Tayou lives and works in Gent and Yaoundé. His works are characterized by a cultural melting pot that allows for expanding the vision of contemporary art through the global village, mobility and an ironic distancing from any kind of sexual and geographical ascription. He participated in numerous exhibitions including: NYLONGKONG Dreams, Pearl Lam Gallery, Hong Kong (2018); Colored Line, Richard Taittinger Gallery, New York (2018); Tayouwood, Unlimited, Art Basel, Basel (2014); Giardino Segreto, MACRO, Rome (2012). Shilpa Gupta, Bombay (1976).

 

Pascale Marthine Tayou

1967, Camerun

Bellissima, Energica, Racchiusa, Gloriosa, Abbagliata, Magnetica, Omaggio, sono le parole che l’artista dedica alla città di Bergamo, duramente colpita dall’epidemia Covid-19. Usando un layout che richiama l’ambiente scolastico – i gessetti colorati sulla lavagna – l’artista si avvicina al pubblico, mostrando come l’arte sia prima di tutto vicinanza, empatia, contatto e rispetto.

(B)eautiful, (E)nergetic, Su(R)rounded, (G)lorious, D(A)zzled, (M)agnetic, H(O)mage, are the words that the artist dedicates to the city of Bergamo, hard hit by the Covid-19 epidemic. Using a layout that brings to mind the school environment – the colored chalks on the blackboard – the artist approaches the public, showing how art is first of all closeness, empathy, contact and respect.

Non voglio tornare indietro – vado avanti con te, 2021

Courtesy the artist, Hauser & Wirth and Luhring Augustine | © Pipilotti Rist

Il layout relativamente semplice, dove lo statement viene messo in risalto prima ancora di essere letto grazie a una scelta cromatica importante, crea un movimento ondeggiante, dando forma visuale al movimento del tornare indietro e andare avanti. La voglia di andare avanti, dopo un evidente periodo di sofferenza e interrogativi profondi, che si fa motore e fine ultimo dell’opera.

The layout, where the statement is emphasized before it is even read thanks to an important color choice, creates a swaying motion, giving visual form to the movement of going back and going forward. The desire to move forward, after an obvious period of suffering and deep questions, becomes the driving force and ultimate aim of the work.

 

Pipilotti Rist

1962, Svizzera

Pioniera della video arte spaziale, nata nella valle svizzera del Reno, al confine con l’Austria, il suo lavoro artistico si è sviluppato tramite progressi tecnici e un’esplorazione giocosa di nuove possibilità di proporre filmati, con il fine di rappresentare una coscienza collettiva. Tra le mostre più recenti: Sip My Ocean al Museum of Contemporary Art Sydney (2017-2018); Your Saliva is My Diving Suit of the Ocean of Pain alla Kunsthaus Zürich (2016); Pixel Forest al New Museum New York (2016-2017); Come On Honey… alla Kunsthalle Krems (2015).

A pioneer of spatial video art, born in the Swiss Rhine Valley on the border with Austria, her artistic work has developed through technical advances and a playful exploration of new possibilities for proposing footage, with the aim of representing a collective consciousness. Recent exhibitions include Sip My Ocean at the Museum of Contemporary Art Sydney (2017-2018); Your Saliva is My Diving Suit of the Ocean of Pain at Kunsthaus Zürich (2016); Pixel Forest at the New Museum New York (2016-2017); and Come On Honey… at Kunsthalle Krems (2015).

Let the world take a turn (Wall encounter), 2018

Courtesy of the artist

Let the world take a turn viene presentata con un font bombato, riprendendo una citazione del padre dell’artista. Dopo un primo periodo pandemico composto da tensioni emotive, caccia al colpevole e sensi di colpa, l’artista mostra, con parole semplici e familiari, come l’arte sia capace di lasciare i suoi tecnicismi concettuali per diventare supporto e guida in un momento buio.

Let the world take a turn is presented in a bowed font, reappropriating a quote from the artist’s father. After an initial pandemic period consisting of emotional tensions, guilt hunting and the feeling of guilt, the artist shows, with simple and familiar words, how art is capable of leaving its conceptual technicism behind to become support and guidance in a dark moment.

 

Ryan Gander

1976, Regno Unito

Artista multidisciplinare, le sue opere indagano la conoscenza, il pensiero associativo e la narrazione. Tra le mostre recenti: Ryan Gander, The 500 Million Year Collaboration, Kunsthalle Bern (2019); Beautiful World, Where Are You? X Biennale di Liverpool (2018); Dioramas, Palais de Tokyo, Parigi (2017); Documenta 13, Kassel (2012); IX Shanghai Biennale (2012); Intervals: Ryan Gander, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2010). Le sue opere sono conservate nelle collezioni della Tate Gallery di Londra, del Museum of Contemporary Art di Chicago e del Museum Moderner Kunst di Vienna, tra gli altri.

A multidisciplinary artist, his works investigate knowledge, associative thinking and storytelling. Recent exhibitions include: Ryan Gander: The 500 Million Year Collaboration, Kunsthalle Bern (2019); Beautiful World, Where Are You? 10th Liverpool Biennial (2018); Dioramas, Palais de Tokyo, Paris (2017); Documenta 13, Kassel (2012); 9th Shanghai Biennale (2012); Intervals: Ryan Gander, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2010). His works are conserved in the collections of the Tate Gallery, London, the Museum of Contemporary Art, Chicago, and the Museum Moderner Kunst, Vienna, among others.

I look at things with eyes different from yours, 2021

Courtesy of the artist and GALLERIA CONTINUA

I look at things with eyes different from yours riprende l’importanza della parola e dell’osservazione, riflettendo sulla posizione dell’archivio e sulla sua formazione e soggettività. Lo sfondo rosso e le parole bianche sono un sostenuto invito a prendere consapevolezza delle differenti visioni esistenti.

I look at things with eyes different from yours reminds of the importance of words and observation, reflecting on the position of the archive and its formation and subjectivity. The red background and white words are a sustained invitation to become aware of the different views that exist.

 

Shilpa Gupta

1976, India

Vive e lavora a Mumbai. I suoi lavori, permeati dal concetto di distanza, indagano come la soggettività interviene nella percezione dell’oggetto. Il suo lavoro è stato esposto in istituzioni internazionali come Tate Modern, Museum of Modern Art Centre Pompidou, Serpentine Gallery e molti altri. Ha partecipato a 58^ Biennale di Venezia (2019); Kochi Muziris Biennale (2018); Biennale di Göteborg (2017 – firmata con un titolo della sua opera); Berlin Biennale (2014); Lyon Biennale (2009); Triennale di Yokohama – a cura di Hans Ulrich Obrist (2018).

She lives and works in Mumbai. Her works, influenced by the concept of distance, investigate how subjectivity plays a role in the perception of the object. Her work has been exhibited in international institutions such as Tate Modern, Museum of Modern Art; Centre Pompidou, Serpentine Gallery and many others. She has participated in the 58th Venice Biennale (2019); Kochi Muziris Biennale (2018); Gothenburg Biennale (2017-signed with a title of her work); Berlin Biennale (2014); Lyon Biennale (2009); Yokohama Triennial – curated by Hans Ulrich Obrist (2018).

Lion de Bergame, 2021

Courtesy of the artist & MASSIMODECARLO | Photography Clérin Morin | © Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2021

La texture delle pennellate grandi e vigorose applicate su tela, tecnica prediletta dall’artista, attraggono lo spettatore, immergendolo in un mondo in cui la storia culturale cinese e sulla tradizione della ritrattistica occidentale. Nonostante il mancato utilizzo di lettere o parole, la figura del leone, in posa stoica e apotropaica richiama l’idea di un animale tanto forte quanto evocativo. Un richiamo al concetto primitivo e selvaggio del decorrere dell’esistenza umana, il quale destino è già segnato.

The texture of the large and bold brushstrokes applied on canvas, the artist’s favorite technique, attracts the viewer, immersing him in a world where Chinese cultural history and the tradition of Western portraiture meet. Despite the non-use of letters or words, the figure of the lion, in a stoic and apotropaic pose, recalls the idea of an animal as strong as it is evocative. A reminder of the primitive and wild concept of the passing of human existence, whose destiny is already written.

 

Yan Pei – Ming

1960, Cina

Vive e lavora a Digione. Reso famoso dai suoi ritratti di grande formato realizzati in grisaglia, l’artista descrive la sua pratica pittorica come “un attacco, una determinazione che ha un senso spirituale, morale e critico”. Recenti mostre personali sono state dedicate all’artista presso Villa Medici, Roma (2016); Museo Belvedere, Vienna (2016); CAC Málaga (2015); Beijing Center for the Arts (2014); UCCA Center for Contemporary Art, Beijing (2009); Des Moines Art Center, (2008).

He lives and works in Dijon. Made famous by his large-format portraits done in grisaille, the artist describes his painting practice as “an attack, a determination that has a spiritual, moral and critical sense”. Recent solo exhibitions have been dedicated to the artist at Villa Medici, Rome (2016); Museo Belvedere, Vienna (2016); CAC Málaga (2015); Beijing Center for the Arts (2014); UCCA Center for Contemporary Art, Beijing (2009); Des Moines Art Center, (2008).

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